La decisione in esame affronta e risolve un problema che è destinato a presentarsi in non pochi condomini e riguarda la realizzazione di un nuovo bagno. E’ piuttosto frequente che appartamenti non recentissimi e di discrete dimensioni siano stati costruiti con un solo bagno. Da qui l’esigenza di realizzarne altri. Facendo applicazione pedante delle norme del codice civile ciò sarebbe quasi sempre impossibile.
Il contenzioso risolto dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26680/20 depositata in data 24.11.2020 trae origine dalla domanda di un condomino nei confronti di altro condomino, reo – nell’allegazione del primo – di aver posizionato alcuni tubi senza il rispetto della distanza di legge.
Il Tribunale accoglieva la domanda, accertando la violazione delle norme dettate in tema di distanze. La Corte d’Appello accoglieva, invece, l’appello del secondo e dichiarava non sussistere alcuna violazione. La Corte di Cassazione conferma l’interpretazione data dalla Corte d’Appello.
La norma dibattuta è l’art. 889 c.c., che così dispone: “Chi vuole aprire pozzi, cisterne, fosse di latrina o di concime presso il confine, anche se su questo si trova un muro divisorio, deve osservare la distanza di almeno due metri tra il confine e il punto più vicino del perimetro interno delle opere predette. Per i tubi d’acqua pura o lurida, per quelli di gas e simili e loro diramazioni deve osservarsi la distanza di almeno un metro dal confine. Sono salve in ogni caso le disposizioni dei regolamenti locali.”
La Corte di Cassazione, come prima aveva fatto la Corte di Appello, ribadisce un principio fondamentale, che è quello per cui le norme in tema di distanze sono applicabili anche al condominio, ma “solo in quanto compatibili con la concreta struttura dell’edificio e con la natura dei diritti e delle facoltà dei condomini, sicché il giudice deve accertare se la rigorosa osservanza di dette disposizioni non sia irragionevole, considerando che la coesistenza di più appartamenti in un unico edificio implica di per sé il contemperamento dei vari interessi al fine dell’ordinato svolgersi della convivenza tra i condomini. (Cassazione civile sez. II, 2/02/2016, n. 1989; Cassazione civile sez. II, 28/06/2019, n. 17549)”
Continua la Corte affermando che: “…, la disposizione dell’art. 889 c.c. … è applicabile anche con riguardo agli edifici in condominio, salvo che si tratti di impianti da considerarsi indispensabili ai fini di una completa e reale utilizzazione dell’immobile, tale da essere adeguata all’evoluzione delle esigenze generali dei cittadini nel campo abitativo e alle moderne concezioni in tema di igiene; ne consegue che la creazione o la modifica di un secondo bagno nelle moderne abitazioni di taglio medio trattandosi di un’esigenza tanto diffusa da rivestire il carattere dell’essenzialità – giustifica la mancata applicazione dell’art. 889 c.c. negli edifici in condominio (Cassazione civile sez. II, 09/06/2009, n. 13313).”
Non ha, quindi, errato la Corte d’Appello quando – anziché fare applicazione dell’art. 889 c.c. – ha fatto ricorso all’art. 1102 c.c., norma che, dettata in punto di comunione in generale, in modo più consono precisa che: “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.”
Concludendo: fintantoché l’installazione di tubature non pregiudica analogo diritto altrui ed è funzionale a realizzare esigenze di carattere essenziale, la stessa non potrà essere impedita.